Formazione "il FIGLIO dell'UOMO" ARGOMENTO dalla STAMPA QUOTIDIANA

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dal 28 Marzo al 4 Aprile 2010

9a SETTIMANA MONDIALE della Diffusione in Rete Internet nel MONDO de

" i Quattro VANGELI " della CHIESA CATTOLICA , Matteo, Marco, Luca, Giovanni, testi a lettura affiancata scarica i file cliccando sopra Italiano-Latino Italiano-Inglese Italiano-Spagnolo

L'ARGOMENTO DI OGGI

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dai GIORNALI di OGGI

Don Sciortino: va criticato chi dà il cattivo esempio

"L'etica nei comportamenti di chi governa è una cosa seria"

Famiglia Cristiana contro il premier

"Attacchi illiberali a Rai e stampa"

Nuovo editoriale del giornale dei vescovi sullo scandalo delle escort

"Tracotante messa in mora di uno stile sobrio ha mortificato la Chiesa"

L'Avvenire contro Berlusconi

"Suo stile di vita ci mette a disagio"

- LA MANIA DEL SUPERENALOTTO HA CONTAGIATO TUTTI, ANCHE I COMUNI.

LAVORO E FAMIGLIA DI PARI PASSO

L’ALTRA FACCIA DI UN’ITALIA CHE È SEMPRE PIÙ POVERA

UN FORTE INTERVENTO DELLA CHIESA SU PRECARIETÀ E POLITICA A SOSTEGNO DELLE COPPIE

2009-08-13

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Dalessandro Giacomo

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L'ARGOMENTO DI OGGI

 

 

CORRIERE della SERA

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2009-08-13

 

 

 

 

 

 

REPUBBLICA

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2009-08-14

Don Sciortino: va criticato chi dà il cattivo esempio

"L'etica nei comportamenti di chi governa è una cosa seria"

Famiglia Cristiana contro il premier

"Attacchi illiberali a Rai e stampa"

di LUCIANO NIGRO

Famiglia Cristiana contro il premier "Attacchi illiberali a Rai e stampa"

Berlusconi a Villa Certosa

ROMA - "Le parole di Avvenire sul "tracotante" stile di vita del Premier? Dovute e necessarie", dice don Antonio Sciortino. "I fedeli e i sacerdoti chiedevano una posizione chiara di fronte al cattivo esempio di un personaggio pubblico. E la Chiesa deve dire ciò che è bene e ciò che male, perché la morale non si piega alle circostanze e alle persone". Il direttore di Famiglia Cristiana si schiera con il collega Dino Boffo che dal quotidiano dei vescovi ha sferzato il presidente del Consiglio sugli scandali che "provocano disagio e sofferenza" alla Chiesa. Ma, intanto, il settimanale cattolico più diffuso in Italia lancia un nuovo allarme sui rischi che corre l'informazione dopo gli attacchi del presidente del Consiglio a Repubblica e al Tg3. "Anche noi, responsabili dei mezzi di comunicazione, abbiamo il dovere di non tacere perché quello che sta accadendo è grave". Un argomento che sarà il cuore della campagna di agosto del settimanale cattolico.

"Berlusconi ha dato al suo partito il nome di Popolo delle libertà, ma non si conosce nessun leader politico liberale che abbia mai detto qualcosa di simile alle parole da lui pronunciate dell'ultima conferenza stampa quando ha dato dei "delinquenti" ai giornalisti di Repubblica e ha aggiunto: "Non possiamo più sopportare che la Rai sia l'unica televisione al mondo che con i soldi di tutti attacca il governo". Un esempio di potere padronale di cui "non c'è traccia nel pensiero liberale", scrive l'editoriale del numero oggi in edicola Famiglia Cristiana che, per altro, non risparmia critiche neppure all'opposizione.

Ma il numero che sta per chiudere in redazione sarà dedicato all'emergenza informazione. "Non si può mortificare la Rai e la grande professionalità di chi vi lavora. Così il servizio pubblico si trasforma in suddito", protesta il direttore del settimanale diffuso anche nelle parrocchie. "La Rai è un bene pubblico, pagato dai contribuenti, quindi è nostro (di tutti) prima ancora che dei politici - è la tesi di don Sciortino - i mezzi di informazione devono avere un solo padrone, i lettori e gli spettatori, qualsiasi altro padrone è improprio. Un tempo di diceva che la stampa è il cane da guardia del potere, ora rischiamo che si pieghi al servizio del potere". Quasi un appello al mondo del giornalismo, il suo: "Se non riacquistiamo la dignità della missione della libera informazione, ne andrà di mezzo la stessa democrazia, perché dove non c'è libertà di stampa e di critica non c'è nemmeno democrazia".

Accenti preoccupati che non impediscono a don Sciortino di tornare alla carica sullo stile del presidente del consiglio. "Valanghe di lettere - rivela - ci sollecitano a non accettare zone franche perché di mezzo ci sono personaggi potenti. Anzi, più si è in alto e più i comportamenti devono essere consoni ai principio etici perché si diventa modelli di mentalità e di stile. Accettare che chi riveste ruoli di governo dia il cattivo esempio e come dire ai giovani che tutto è lecito e permesso". Due mesi fa don Antonio scrisse che "non si può chiedere un lodo a Dio; non esiste per nessuno l'immunità morale". Non ha cambiato idea ("I principi non dipendono dai sondaggi né dal consenso") anche a causa della reazione di Berlusconi alle critiche: "Penso che la Chiesa abbia voluto rispondere in modo netto a battute poco serie: l'etica nei comportamenti dei personaggi pubblici non si liquida con qualche battuta".

(14 agosto 2009)

 

 

 

2009-08-13

Nuovo editoriale del giornale dei vescovi sullo scandalo delle escort

"Tracotante messa in mora di uno stile sobrio ha mortificato la Chiesa"

L'Avvenire contro Berlusconi

"Suo stile di vita ci mette a disagio"

L'Avvenire contro Berlusconi "Suo stile di vita ci mette a disagio"

Berlusconi all'arrivo in Sardegna

ROMA - "La gente ha capito il disagio, la mortificazione, la sofferenza che una tracotante messa in mora di uno stile sobrio" ha causato alla Chiesa cattolica. Lo sottolinea, nel suo terzo intervento in poche settimane, il direttore di Avvenire, Dino Boffo, rispondendo a una nuova lettera di un sacerdote sul dubbio che i pronunciamenti ecclesiastici sulle "vicende morali" del presidente del Consiglio "non siano stati sufficientemente netti".

Per don Matteo Panzeri, da parte dei vescovi ci sono state "mille prudenze" e i messaggi della Chiesa "appaiono segnali assai debolucci se raffrontati alla conclamata sfacciataggine con cui ciò che dovrebbe essere messo in discussione viene invece sbandierato".

"Nessuno dei potenziali interlocutori dovrebbe trovarsi a pensare che parliamo o tacciamo per 'interesse' personale, per qualche esplicita o inconfessabile partigianeria", ribatte Dino Boffo. Il direttore del quotidiano dei vescovi chiarisce quindi che "la domanda che conta in queste circostanze è" se "la gente è riuscita a individuare le riserve della Chiesa.

Ebbene, la risposta che a me sembra di poter dire è che la gente ha capito il disagio, la mortificazione, la sofferenza che una tracotante messa in mora di uno stile sobrio ci ha causato. I più attenti hanno compreso anche i messaggi specifici lanciati fino ad oggi a più riprese". Non è vero, dunque, che "quelli degli esponenti della Chiesa italiana siano stati interventi casuali o accenni fugaci impastati dentro a testi di tutt'altro indirizzo. Ciò che si è detto lo si voleva dire. Esattamente in quei termini".

(12 agosto 2009)

 

 

 

 

Dal Canada all'Asia gli scandali di Berlusconi continuano a tenere banco

e la Reuters propone un riepilogo: domande e risposte sul caso escort

"Basterebbe uno solo dei suoi peccatucci

per far dimettere un qualsiasi politico"

dal nostro inviato GIAMPAOLO CADALANU

"Basterebbe uno solo dei suoi peccatucci per far dimettere un qualsiasi politico"

Silvio Berlusconi

LONDRA - Grande attenzione al presidente del Consiglio italiano su siti e giornali canadesi. Il sito del Tandem pubblica un sondaggio informale fra gli emigrati di origine italiana, preoccupati per il destino del tricolore: "Se Berlusconi si considera italiano, deve fare qualcosa" per contrastare i progetti della Lega, dice uno di loro. Ma lo spazio maggiore è sul Macleans, che pubblica un ritratto di Berlusconi con accenti molto critici. "Non c'è penuria di storie sulla leggendaria libido e sulla volgarità del 72enne primo ministro italiano", scrive il giornale. Dopo aver riferito abbondantemente su tutte le storie d'amore e di letto del premier, il Macleans rileva che "in ogni altro posto nel mondo per un politico - e probabilmente anche per altri politici italiani - anche solo uno di questi peccatucci sarebbero stati la fine della carriera. Invece questi sembrano rilanciare la sua statura di 'uomo più interessante del mondo'. Una macchina da gaffe pomposa, sempre abbronzata, dai capelli attaccati, che è sopravvissuta a 12 processi per corruzione, sta fra gli uomini più ricchi del mondo, si becca tutte le ragazze, eppure, inspiegabilmente, resta il leader più popolare della storia del suo Paese. Il teflon è come carta moschicida se paragonato a Berlusconi".

El Mundo si sofferma sulla storia del terremotato dell'Aquila che chiede ospitalità: "Se Berlusconi credeva che le sue parole se le portasse via il vento, si sbagliava". Il giornale segnala la disponibilità dell'abruzzese ad accettare Villa Certosa come Palazzo Grazioli, "due magnifiche residenze per nulla disprezzabili. Sono le preferite di Berlusconi e sono conosciute per aver ospitato le note festicciole sessuali del Cavaliere".

Per Le Figaro "Berlusconi parte in guerra contro i paparazzi": il giornale francese cita le immagini pubblicate dal Daily Mail: "Foto innocenti, ma che per lui sono state un'intrusione intollerabile". L'agenzia britannica Reuters propone addirittura un riepilogo di background "Questions and Answers" sugli scandali del primo ministro, mentre Asia Times racconta dei luoghi di vacanze più snob e cita le spiagge sarde dove Berlusconi tiene "la sua straordinaria cameretta ammobiliata estiva da orge di Tiberio".

Sia il libanese Daily Star che il Korea Times di Seul sottolineano che in passato lo scopo di una famiglia media italiana era quello di far studiare i figli, mentre ora, "nello spazio di trent'anni le tv di Berlusconi sono riuscite a imporre un illusorio ritratto di successo: oggi l'ambizione di molte madri della classe lavoratrice italiana è vedere le figlie diventare una seminuda velina di successo che faccia notizia per i pettegolezzi sui flirt con l'ultimo muscoloso diventato rubacuori in tv o con qualche giovane calciatore in ascesa. Laurearsi e diventare medico o avvocato non è più un segno di successo".

(14 agosto 2009

FAMIGLIA CRISTIANA

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2009-08-17

Affondo di Famiglia Cristiana sul Carroccio, Critiche al divieto di matrimoni per stranieri

"Lega, una proposta bislacca al giorno"

"Il dl sicurezza? Degno di don Rodrigo. Ma che i leghisti abbiano letto Manzoni è chiedere troppo..."

MILANO - ""Una legge che porterà dolore". Si sta avverando la facile profezia di monsignor Agostino Marchetto, segretario del Pontificio consiglio per i migranti. L’onda della legge Maroni sulla sicurezza è arrivata a travolgere anche i matrimoni tra stranieri e i matrimoni misti. Ironia della sorte, entrata in vigore la legge, è toccato a Verona, la città di Giulietta e Romeo e dell’amore eterno, aprire le danze". Nuovo duro attacco di Famiglia Cristiana al dl sicurezza approvato dal governo.

"PROPOSTE BISLACCHE" - Nell’editoriale di questa settimana, il settimanale dei Paolini dopo aver elencato "le proposte bislacche" della Lega, che "si susseguono al ritmo di una al giorno, dai presidi e professori autoctoni al dialetto a scuola (ideale per formare cittadini europei), alle gabbie salariali, ai giudici eletti dal popolo fino ai sottotitoli in dialetto delle fiction e al cambio dell’inno nazionale", osserva: "Quanto alla legge sulla sicurezza, che per le nozze miste sembra scritta da don Rodrigo (ma chiedere a un politico leghista di leggere I promessi sposi del ’gran lombardo’ Alessandro Manzoni è chiedere troppo), essa sarà probabilmente spazzata via da una sentenza della Consulta non appena qualcuno la impugnerà. Nel frattempo, la Lega avrà già conquistato le poltrone di governatore nelle Regioni del Nord alle amministrative. Che importa se si sarà rivelata un’inutile grida? Al massimo qualche centinaio di migliaia di extracomunitari avranno dovuto rinunciare al loro sogno di sposarsi e metter su famiglia".

"SPREGIO ALLA COSTITUZIONE" - "Una proposta di legge simile, in Francia, è stata bocciata dal Tribunale costituzionale. Invece a Verona e in Italia - scrive il giornale diretto da don Antonio Sciortino - le nozze non s’hanno da fare. Con buona pace di quelle centinaia di migliaia di stranieri clandestini, badanti comprese, che non hanno il diritto d’innamorarsi, amarsi e creare una famiglia fondata sul matrimonio e protetta giuridicamente. In spregio a un diritto fondamentale della persona, sancito dalla Costituzione (agli articoli 29 e 30), dalle leggi dell’Unione, dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, da quel diritto naturale e universale che muove il mondo e che è alla base del Vangelo: l’amore".

 

17 agosto 2009

 

 

 

 

2009-08-15

n. 33 del 16 agosto 2009 - Direttore: Antonio Sciortino

A DESTRA COME A SINISTRA MANCA LA COERENZA IN VISTA DEL BENE COMUNE

GOVERNO E OPPOSIZIONE

PREDA DELLE CONTRADDIZIONI

Se per il Pdl l’unità nazionale sembra pacifica, non è così per la Lega, che vuole disfarsene. Il Centrosinistra elogia l’individualismo più estremo, ma lo condanna se a praticarlo è il Cavaliere.

L’attuale fase della politica italiana ha la sua radice nella scomparsa del principio di non contraddizione, ben noto lungo i millenni. Ecco gli esempi più evidenti.

Berlusconi. Ha dato al suo partito il nome di Popolo della libertà, ma non si conosce nessun leader politico liberale che abbia mai detto qualcosa di simile alle parole da lui pronunciate nell’ultima conferenza stampa (dopo aver qualificato come "delinquenti" i giornalisti di Repubblica): "Non possiamo più sopportare che la Rai sia l’unica televisione al mondo che con i soldi di tutti attacchi il Governo. La Rai faccia il servizio pubblico e non attacchi né il governo né l’opposizione". Dunque, quello che conta sono i soldi di chi paga i giornalisti (tali sono anche quelli che lavorano in Rai): un bell’esempio di potere padronale sull’esercizio dell’informazione, di cui non c’è traccia nel pensiero liberale.

Non basta. Il Popolo della libertà è nato dalla fusione di due partiti, Forza Italia e Alleanza nazionale, nei quali l’unità nazionale sembrava pacificamente accettata. Ma nella maggioranza chi comanda è la Lega, che quell’unità conta di eliminare nel più breve tempo possibile.

Umberto Bossi.

Umberto Bossi (foto Ansa).

Bossi. Nel suo comizio a Pontida, la scorsa settimana, ha entusiasmato il suo popolo al grido di "Padania libera". Libera da che cosa? Naturalmente da "Roma ladrona" (come se a Milano nessuno mai avesse rubato), ma anche libera di disfarsi – con leggi discriminanti, ronde, dialetti nelle scuole – di quanti vengono a disturbarla dal resto della Penisola o dal mondo. In ciò il senatùr contraddice un altro gran lombardo almeno quanto lui, Alessandro Manzoni, il quale ebbe a dichiarare: "In questa unità (d’Italia) era così grande la mia fede che ho fatto il più grande dei sacrifici, quello di scrivere scientemente un brutto verso: "Liberi non sarem se non siamo uni"". (Dal Proclama di Rimini).

Fini. Il presidente della Camera, che si stava facendo una fama di coraggioso nel dare più ragione a Napolitano che alla maggioranza, ha detto che non c’è nessun motivo perché il Parlamento discuta sulla Ru486. Un motivo c’è, essenziale: il Parlamento è nato proprio perché vi si possa discutere di tutto, anche dei farmaci non farmaci (come la pillola dell’aborto).

Il Pd. Qui sembra che la "contraddizion non consenta" l’amalgama fra chi viene dalla cultura marxista e quella cattolica, con tutto il rispetto per la "laicità della politica". Il Congresso d’autunno promette di essere caldo su un argomento fondamentale, che non è solo italiano. Nell’ultimo numero di Esprit un lungo dibattito cerca di chiarire se non ci sia bisogno di "rifare i Lumi", visto che quel pensiero del ’700 non ha saputo evitare guai nei secoli successivi in Francia e nel resto d’Europa, e considerata la tempesta piovutaci addosso dal mondo globalizzato.

La Repubblica. Il 6 agosto ospita in prima pagina un duro articolo di Stefano Rodotà in difesa del "ruolo centrale dell’autodeterminazione" di ogni individuo su temi come vita e morte (cioè l’elogio dell’individualismo più chiuso a ogni legge naturale); ma a pagina 7 pubblica un’intervista a Cohn-Bendit in cui il leader verde francese accusa Berlusconi di incarnare l’egoismo, il pensare solo a sé e ai suoi interessi. Ed è proprio questo il problema di fondo dell’Italia: l’individualismo, cioè "il carattere tipico della post-democrazia". Dunque l’individualismo è sacro in difesa dell’aborto, è esecrabile se lo pratica il Cavaliere.

Beppe Del Colle

 

 

 

 

LA MANIA DEL SUPERENALOTTO HA CONTAGIATO TUTTI, ANCHE I COMUNI

L’ALTRA FACCIA DI UN’ITALIA

CHE È SEMPRE PIÙ POVERA

Gli assessori si sono autotassati per tentare la fortuna. Intanto padre Rastrelli e monsignor D’Urso suggeriscono di pensare ai terremotati.

D’estate gli italiani sono abituati alle notti insonni. L’afa trasforma le case in forni, dalle finestre non entra un filo d’aria, dormire è sogno quasi impossibile. Senza contare, quest’anno, la crisi che, certo, non facilita sonni tranquilli.

Ma adesso c’è una ragione in più per questi estenuanti rotolii nel letto. Esce o non esce? Chi lo azzeccherà? E se fossi io, cosa farei? Oggetto di queste e mille altre inquietanti domande è, naturalmente, il Superenalotto che, tra luglio e agosto, ha scalato la classifica dei maggiori premi al mondo, superando alla grande i 126 milioni di euro vinti in Spagna nel maggio scorso e divenendo così il montepremi più alto mai vinto in Europa e il maggiore al mondo per una lotteria.

Da sempre siamo un popolo di giocatori. Nel 2008 il volume d’affari del mercato della fortuna nel nostro Paese ha superato i 47 miliardi di euro. Una vera industria, al terzo posto dietro Eni e Fiat, l’unica che non ha problemi di fatturato e che anzi, viene esaltata dalla crisi. Ma la caccia sfrenata alla vincita dei sogni estivi rischia di far saltare il banco: nei primi due concorsi di agosto sono stati giocati circa 110 milioni di euro, al ritmo folle di 27,4 milioni ogni 24 ore, con un incremento del 95,7 per cento rispetto al mese di luglio.

Il sindaco di Ficarra (Me) gioca al Superenalotto.

Il sindaco di Ficarra (Me) gioca al Superenalotto (foto Ansa).

Nel tentativo di centrare il 6 al Superenalotto la mania del gioco ha contagiato tutti, persino le amministrazioni locali che sperano, vincendo, di risolvere i loro problemi. A Sarzana (La Spezia) è stato l’assessore alle Finanze a puntare a nome del Comune; a Ficarra (Messina), Varallo Sesia (Vercelli) e Anguillara (Roma) sono stati i sindaci a lanciare l’idea. Giunte di Centrodestra e Centrosinistra, alla caccia del 6 con l’intenzione, in caso di vincita, di completare le opere in corso, tagliare tasse e mutui. E, magari, distribuire il rimanente ai cittadini.

Scopi nobili, senza dubbio, a favore della collettività, ma perché dobbiamo sperare in una schedina? Già lo Stato incassa con giochi e lotterie moltissimi denari (che, naturalmente, vengono reinvestiti in situazioni di bisogno, l’ultima il terremoto in Abruzzo), ma ora anche le amministrazioni comunali si sono ridotte a sperare nell’estrazione vincente? Il destino delle città è affidato alla cieca fortuna? Pochi casi, in verità, ma sintomo preoccupante di una situazione anomala.

È normale che in tempi di crisi cresca la voglia di tentare la sorte, investendo di più in concorsi, gratta e vinci e lotterie varie, ultimo illusorio baluardo, spesso rovinoso, per sopravvivere. Ma così si passa facilmente dal puntare qualche euro in avanzo al rischio di mettere a repentaglio bilanci familiari già disastrati.

Il che nasconde un pericolo più grave: quello di concentrare le speranze di una vita migliore sulle puntate invece che sulle proprie capacità di modificare il futuro, di affidarsi alla dea bendata e non all’impegno nello studio e nel lavoro, magari faticoso ma concreto e reale, per costruirsi un domani più sereno. Quando questo accade, la normale e persino simpatica passione per una puntatina ogni tanto, diventa un asfissiante bisogno, una sconcertante "tassa sulla speranza".

Nasce da riflessioni come questa la richiesta di monsignor Alberto D’Urso e del gesuita padre Massimo Rastrelli, segretario e presidente della "Consulta nazionale antiusura", di congelare il jackpot e destinare il premio ai terremotati dell’Abruzzo. Come gesto di solidarietà, ma anche per bloccare l’accanimento verso il gioco d’azzardo che sta diventando l’altra faccia di un’Italia sempre più povera.

 

 

 

 

UN FORTE INTERVENTO DELLA CHIESA SU PRECARIETÀ E POLITICA A SOSTEGNO DELLE COPPIE

LAVORO E FAMIGLIA DI PARI PASSO

Oltre ad alzare la voce, a ragione, su fecondazione assistita o eutanasia, la Chiesa deve mobilitarsi per far capire che il lavoro precario di tanti giovani limita il formarsi di una famiglia.

Caro don Antonio, ho letto con interesse la recensione al suo libro di Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera. Da cattolico praticante penso che, anche in ambiti ecclesiastici, i temi legati alla famiglia siano trascurati. Da giornalista, poi, ricordo un appello fatto alla vigilia di un convegno diocesano qui a Cosenza: "Le parrocchie non si rivolgano solo a bambini e anziani, si renda centrale l’attenzione alla famiglia: così si raggiungeranno i problemi di tutte le fasce d’età".

Da giovane prossimo al matrimonio, mi piacerebbe che la Chiesa, oltre ad alzare – a ragione, sia chiaro – la voce su fecondazione assistita o eutanasia, si mobilitasse anche per far capire che il lavoro precario limita il formarsi d’una famiglia; o per invocare una seria politica di sostegno alle coppie. Non credo che questi temi siano meno rilevanti di altri. Ecco perché apprezzo ciò che ho letto nella recensione di Stella e che spero di leggere nel suo libro La Famiglia cristiana. Una risorsa ignorata , edito da Mondadori.

Un teologo che stimo molto, monsignor Ignazio Schinella, durante il convegno 2009 di Caritas Calabria, presentando il "decalogo cristiano per il mondo del lavoro", ha detto: "Gli imprenditori che non assicurano la giusta mercede, si rendono complici di un reato che grida vendetta al cospetto di Dio". Frase scontata, forse. Ma poche volte l’ho sentita dire con tanta enfasi in una terra come la Calabria, dove molti miei coetanei si sentono proporre 250 euro al mese per lavorare sette ore al giorno, sei giorni su sette, festivi inclusi.

Caro padre, perdoni lo sfogo. Ritengo che pastorale del lavoro e quella familiare siano un’urgenza trascurata dalla Chiesa. Poiché da cristiano non posso essere disfattista, le segnalo che, in Calabria, sui monti della Sila, si è svolto a giugno un convegno sulla "preparazione al matrimonio cristiano", dove è stato presentato un nuovo modello di corso per fidanzati, con proposte e iniziative molto interessanti. Come, ad esempio, coinvolgere i fidanzati non per 8-10 incontri, ma per più di sei mesi, con l’impegno a continuare dopo il matrimonio; o preparare i genitori degli sposi a tagliare, con sapienza, il cordone ombelicale con i figli.

Andrea G.

Con la tua lettera, caro Andrea, ci dai alcune informazioni su quello che si sta facendo per la famiglia nella tua regione. Iniziative benemerite, perché in Italia si fa ancora troppo poco. La famiglia continua a essere considerata un fatto privato che, solo marginalmente, interessa la società. Si dimentica una verità fondamentale, che essa genera amore. E se la società è organizzata per generare giustizia non è capace di produrre amore. La persona non può vivere senza giustizia, ma neanche senza amore. Ecco perché società e famiglia dovrebbero non solo prendere coscienza l’una dell’altra, ma anche sostenersi, aiutarsi, difendersi. Promuovendo la famiglia, si promuove anche la società. Vale anche il contrario.

Ben vengano, allora, tutte le iniziative a favore della famiglia. Non solo a livello economico, ma anche culturale. Tu citi ciò che è stato fatto nella tua regione. Bisognerebbe costituire in ogni diocesi un centro di formazione permanente per la famiglia, che offra servizi per ogni stagione della vita: dalla preparazione dei giovani al matrimonio, ai nonni; dalle iniziative di crescita della coppia, a quelle di sostegno per le famiglie in difficoltà. Tu porti come esempio una novità dei vostri corsi di preparazione al matrimonio. Ma anche altrove c’è qualcosa che meriterebbe d’essere conosciuto e rilanciato. Come gli incontri paralleli (ma in giorni diversi) per i genitori dei fidanzati; l’invito ai figli di preparare la cerimonia religiosa assieme ai genitori; o la richiesta ai giovani di fissare nella mente la data del matrimonio un giorno prima di quello reale, per evitare l’affanno degli ultimi preparativi, l’insonnia la notte prima della cerimonia e l’intontimento durante la Messa.

Tu accenni, infine, ai problemi del lavoro e alla necessità di una pastorale che vada di pari passo con quella per la famiglia. A questo proposito, ti ringrazio d’avermi inviato quel decalogo, che monsignor Schinella ha presentato in un incontro con dipendenti e imprenditori cristiani. Ne cito qualche punto: "Chiedere troppo denaro per la propria prestazione professionale? È simonia. Coprire gli assenteisti? È cooperare al male. Avere un doppio lavoro? Un’ossessione che richiede un digiuno per permettere ad altri di avere il necessario...".

C’è una dimensione evangelica della povertà anche nel lavoro. La competenza non può pretendere compensi assurdi. Al tempo stesso, l’imprenditore è chiamato a garantire all’operaio la "giusta mercede", come dice la Scrittura. Ciò vuol dire che le imprese hanno il dovere di considerare il bene delle persone e non soltanto il profitto. Che pure è necessario. L’uomo che lavora ha diritto alla dignità e a operare in ambienti sani. Chi muore sul lavoro è da considerare un martire.

Da parte sua, il lavoratore deve rispettare alcuni "comandamenti", che lo riguardano. Quindi, guai agli assenteisti: il Vangelo del lavoro li chiama a conversione. Ma guai anche ai burocrati irresponsabili, che cadono nel peccato di favoritismo, danneggiando i meritevoli e la società. C’è poi un peccato molto diffuso: la schiavitù del lavoro. Dio al settimo giorno si è riposato, e l’uomo deve imitarlo, fermarsi e fare festa, per dare un senso alla propria vita e allo stesso lavoro. Insieme a tutta la famiglia.

A questo proposito, monsignor Schinella avanza due proposte: convincere i politici che il "triduo pasquale" è importante almeno quanto Natale, per cui sarebbe opportuno considerarlo un tempo di sospensione dal lavoro; proporre alla Chiesa di considerare la domenica come il giorno in cui la famiglia partecipa alla Messa, ma anche per usufruire di alcuni servizi che restano aperti nei giorni festivi, purché si garantisca anche a chi lavora in quei luoghi di avere tempo da passare con i propri cari.

D.A.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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